I rider di Just Eat avranno un contratto di lavoro dipendente: è un accordo importante quello raggiunto tra i rappresentati della Cgil, Cisl e Uil e quelli della piattaforma di distribuzione. Magari non “storico”, come alcuni hanno detto, ma sicuramente “importante” e da riproporre in ambiti diversi, anche come metodo di lavoro: segna infatti un primo punto di possibile confronto tra il mondo dei diritti e della protezione sociale del lavoro e quello della economia delle piattaforme e dei lavoretti; due mondi fino ad oggi distanti e in conflitto sostanziale.

Il falso storytelling della GIG-economy come frontiera delle libere scelte

L’accordo – raggiunto pochi giorno dopo lo sciopero nazionale dei riders– e l’applicazione dei principali riferimenti giuridici di un contratto collettivo, pur se “rimodulato”, interrompono il mistificante storytelling di una GIG-economy fatta di tanti micro-imprenditori di se stessi che si muovono su un mercato “neutro” costruito dalle piattaforme. Così non è, e non è mai stato: lo hanno dimostrato inchieste giudiziarie, proteste sindacali, migliaia storie di sfruttamento personale. E che questa narrazione fuorviante sia dura da smascherare lo dimostrano la mancanza nel nostro Paese di una concreta iniziativa politica – di qualunque natura – sul tema della GIG economy; e anche le argomentazioni ancora usate dal sindacato UGL per criticare l’accordo raggiunto dalle sigle confederali. “Siamo di fronte ad un accordo che è a favore di pochi ma a danno di tanti – ha detto poco dopo la notizia dell’intesa, Vincenzo Abbrescia, segretario nazionale Ugl-Rider – Mi riferisco ai rider che vogliono avere la libertà di scegliere quando lavorare senza essere vincolati ad una sola piattaforma, oppure obbligati a garantire prestazioni a orari fissi”. Una affermazione che, portando l’attenzione sulla “libertà” di scegliere quando e come lavorare, nasconde il cappio dell’algoritmo che esclude il rider dalle chiamate, fino a cancellarlo, se non risponde entro i tempi prestabiliti dalla piattaforma. Un meccanismo che con la libertà ha davvero ben poco a che vedere.

Nuovi modelli di impresa che sfuggono ai vecchi strumenti di tutela del lavoro

Per contro è innegabile che nel mondo delle piattaforme i singoli specifici istituti di protezione del lavoro pensati su modelli di produzione di 50/60 anni fa non trovano corrispondenza, lasciando quindi aperte voragini di non legalità e sfruttamento nel vissuto quotidiano. Ma per questo è importante che la ricerca di nuovi modelli di tutela coerenti con le nuove impresa veda i lavoratori impegnati in prima linea, riprendendosi lo spazio di costruzione sociale che la falsa neutralità del mercato sta facendo scomparire.

Accordo Cgil-Cisl-Uil e JustEat: metodo di lavoro da sviluppare

L’accordo Cgil-Cisl-Uil JustEat segna dunque un passo importante lungo questa strada: affermazione chiara di regole generali, all’interno delle quali sviluppare ambiti di contrattazione specifici senza cedimenti sui diritti e senza imbrigliare l’efficienza organizzativa dei nuovi modelli d’impresa. I lavoratori di JustEat – che non aderisce ad Assodelivery che riunisce invece Deliveroo, Glovo, SocialFood e Uber Eats – verranno quindi assunti, circa 4.000 in tutto il Paese, secondo le regole del contratto nazionale della Logistica: arriveranno buste paga, ferie, la tutela contro gli infortune la malattia; retribuzione legata ai minimi contrattuali, ma con incentivi; tfr, ferie, orario di lavoro minimo garantito, maggiorazioni per il lavoro supplementare, straordinario, festivo e notturno, rimborso spese per uso mezzo proprio, dpi adeguati, e diritti sindacali. Ci sarà un premio che tiene conto delle consegne effettuate, limitando le stesse ad un massimo di quattro nell’arco di un’ora. Il tutto declinato attraverso alcuni meccanismi “innovativi”: un part time cucito intorno alle caratteristiche del servizio, una semplificazione delle regole e dei processi, il ricorso definito al lavoro flessibile.
“Questo accordo è il risultato ottenuto dal sindacato, sia a livello nazionale, sia a livelloterritoriale – si legge in una nota congiunta dei sindacati confederali – Siamo convinti che possa aiutare ad indicare una via di regolazione del settore. Auspichiamo che le altre piattaforme seguano il modello di subordinazione oggi definito per creare una situazione di parità di condizioni. Non c’è bisogno di inventarsi nulla, le regole e i contratti nazionali esistono già. È importante continuare a lavorare insieme per perseguire un’idea di crescita e di sviluppo che sappia tenere insieme produzione, qualità e buona occupazione, profitto e sicurezza, tutto ciò rimettendo al centro il valore della persona, in un contesto di relazioni sindacali partecipativo, improntato al dialogo”.

Certo molto è ancora da migliorare, ma nella dialettica Gig economy-tutele una prima sintesi importante è stata raggiunta. Un risultato importante da condividere ed estendere.

Luca Ferraiuolo

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