Sala stoppa il progetto per il nuovo San Siro e bacchetta Suning. Il sindaco di Milano chiede chiarezza ai vertici di Suning sul futuro della proprietà dell’Inter, con particolare riguardo alla questione del nuovo stadio. L’Inter risponde, chiedendo a sua volta rispetto e considerazione per la proprietà, affermando che i piani della famiglia Zhang – padrone dell’impero economico Suning – non siano mai cambiati e che intende rimanere alla guida della società. E in questo scambio si arena, almeno formalmente, il programma per il nuovo stadio di Milano.

Questo è solo l’ultimo capitolo della travagliata storia del piano di riqualificazione del area di San Siro che ha al suo centro lo stadio. E’ dal 2019 infatti che le operazioni per la sostituzione del Meazza con una struttura più moderna incontrano ostacoli su ostacoli, a causa dagli attriti creatisi tra Palazzo Marino e Inter e Milan. Tra tempi lunghi, permessi concessi e negati, battaglia sulle volumetrie, canoni e vincoli storici, la vicenda del Nuovo San Siro ha visto contrapporsi l’interesse dei club di affrancarsi dalla gestione comunale a quella del Comune di mantenere il controllo sulle iniziative e la progettazione del nuovo impianto e dell’area circostante.

Biglietti, merchandising, e attività collateriali: braccio di ferro sui proventi

Inter e Milan vorrebbero poter incassare direttamente gli introiti dei biglietti delle partite, più quelli dei locali e dei negozi che sorgeranno insieme al nuovo stadio. Da parte sua invece il Comune vorrebbe mantenere il controllo sulle entrate che ogni anno incassa dal possesso del Meazza, e vorrebbe riuscirci ottenendo qualche concessione in sede di trattative per il suolo di San Siro.

Che Sala abbia visto nell’impaccio societario dell’Inter un’occasione per segnare un punto a suo favore è fuor di dubbio. Il sindaco è un noto interista, ma è anche il primo cittadino milanese. Questo significa che prima del tifo vengono le esigenze delle casse comunali.

La richiesta di Sala è legittima: semplicemente chiede chiarezza ad una società che ha avuto difficoltà a pagare nell’ultimo trimestre gli stipendi dei suoi dipendenti (calciatori su tutti) e che sembra in procinto di azzerare il suo consiglio di amministrazione. In più Suning deve fare i conti con le strategie imposte dai diktat del Partito Comunista Cinese, che vede sempre meno di buon occhio gli investimenti delle aziende cinesi nel mondo del pallone.

Il sindaco di Milano non ha torto a chiedere maggiore chiarezza nelle trattative, cosa che a suo tempo aveva già chiesto alla proprietà del Milan, che comunque, dietro al fondo Elliot, resta anch’essa oscura.

La partita per lo stadio di Milano si complica.

La scadenza del 2026 per le olimpiadi invernali e le vicende societarie dei proponenti del progetto complicano le trattative, senza contare poi le insidie già insite in operazioni di portata così mastodontica. Basta pensare ad esempio ai rischi per l’ambiente, alla tipica opacità che accompagna i grandi appalti, i rischi di riciclaggio e infiltrazioni criminali, il pericolo di catene di speculazioni edilizie.

Con le sue dichiarazioni Sala vuole prendere tempo e capire quanto rimanga della fattibilità dell’operazione originale, o se esista il rischio che da un momento all’altro nel consiglio di amministrazione interista possa fare il suo ingresso un soggetto portatore di interessi poco trasparenti. Oltre a ciò si avvicinano veloci le elezioni comunali di quest’autunno, e Sala vorrebbe evitare di trovarsi tra le mani una patata troppo bollente da gestire durante la campagna elettorale.

La palla passa ora all’Inter, che a meno di offerte faraoniche (si dice che Suning accetterebbe di cedere il controllo societario per non meno di un miliardo) dovrebbe rimanere nelle mani di Zhang. Ad oggi però il condizionale è d’obbligo.

Luca Boetti

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