In una diretta Facebook organizzata dalla pagina di Azione e Milano in Azione, Carlo Calenda e Giuseppe Sala si sono confrontati sui temi della transizione ecologica e digitale, nell’ambito della crisi dei modelli urbani delle città italiane (in questo caso Milano e Roma).
C’è da dire che i due sono personaggi carismatici.
Calenda ruba la scena, è l’anfitrione della serata ed espone il suo programma politico con chiarezza. Parla di abbattere la pressione fiscale tramite la lotta all’evasione, di ridurre il gender gap con l’equiparazione dei congedi parentali, del potenziamento degli asili nido, della rivoluzione culturale nel campo degli studi scientifici in favore di una maggiore accessibilità per le donne. Non manca ovviamente di sottolineare la sua prematura paternità adolescenziale ma comunque lo contestualizza parecchio bene, quindi ci sta. Sala preferisce lasciare i riflettori al collega, quasi la sua presenza fosse più per cortesia che per dibattere. Non gli fa mancare il suo appoggio, sostiene il suo programma, conta sulla loro alleanza per le amministrative di Milano di quest’autunno. A un certo punto lo punzecchia: da suo collega senior Beppe chiede a Carlo se ha intenzione di allearsi a Roma con il PD per le elezioni. Calenda nicchia e non risponde.
Il fatto è che ci sono stati degli attriti istituzionali fra la direzione del Partito Democratico e Carlo Calenda, cosa quest’ultimo non nasconde e, anzi, non perde l’occasione di sottolineare. Però comunque sembra non essersela troppo presa, alla fine è sempre il solito PD. Il fatto che il maggior partito della Sinistra italiana sia appena stato scaricato dal suo stesso segretario è già abbastanza appagante per Calenda, che sembra propenso a riaprire il dialogo.
Si sono visti due leader lavoratori ed energici d’accordo su quasi tutto, nonostante esprimano ognuno delle idee politiche diverse, anche se complementari.
Beppe Sala è fresco d’iscrizione ai Verdi europei: il suo ecologismo non è sterile o anacronistico, preferisce abbracciare una concezione più ampia della parola “Verdi”. Sala vuole puntare su una rivoluzione green, che includa il tema del lavoro, della giustizia sociale, della cultura.
Calenda invece non rinuncia a mostrare il suo profilo da manager preciso ed efficiente, cosa che non guasta in un momento storico in cui la destra in Italia riesce a fare danni a destra e a manca.
Il leader di Azione propone soluzione concrete e immediatamente applicabili (almeno in teoria, la realtà è sempre un casino), si fa giustamente beffe dei populismi e dei pressapochismi degli ultimi terribili anni di governo, gestione lacunosa della pandemia inclusa.
Dimostra di avere particolarmente a cuore i temi della sanità pubblica, del welfare, della parità di genere. Calenda punta molto anche sulla questione “dei giovani”: parla di abbassare la pressione fiscale per favorirne l’emancipazione e l’ingresso nel mondo del lavoro. Essendo giovane anch’io faccio gli auguri a Carlo in modo che riesca a dare pure a noi qualche speranza, che ce la meritiamo.
Da un lato un estatico Calenda ha preparato il terreno per le elezioni amministrative a Roma. Dall’altro l’esperto Sala non deve fare altro che proseguire sulla stessa linea intrapresa anni fa con il primo insediamento a Palazzo Marino: pur sembrando meno elettrico e analitico del collega, ha dalla sua il fatto di governare dal 2015 una città che ha compiuto dei grandi passi avanti grazie alla sua amministrazione.
Calenda ha l’arduo compito di rifondare Roma, una fatica erculea e sulla carta praticamente impossibile.
Tra i due però c’è una fondamentale differenza. Mentre Sala si è sempre occupato solo di Milano, ed è intenzionato a farlo anche per i prossimi 5 anni, Calenda punta anche a rendere il suo movimento una forza parlamentare. Se da alcuni Calenda è considerato un uomo di centro e non di sinistra forse è proprio per questo motivo. La parabola del capo politico di Azione potrebbe coincidere con quella di Matteo Renzi, anche lui partito come sindaco della sua città, approdato poi in Parlamento e rovinato nella credibilità (e nei sondaggi) a causa del suo trasformismo. Un fenomeno tutto italiano, che potrebbe affascinare anche Calenda ma non Sala, dato che gli scranni di Montecitorio a lui sembrano non interessare. E’ ovviamente solo un rischio, ma in cabina elettorale questo tipo di suggestioni pesano parecchio.
Calenda dovrebbe sforzarsi di apparire più di sinistra o più di centro, e meno di entrambe le cose. Azione è un movimento ambiguo per moltissime persone, e questo non lo rende un’alternativa credibile, ma solo l’ennesimo sforzo italiano di creare problemi anche dove non esistono. Una soluzione potrebbe essere quella di concentrarsi esclusivamente sulle amministrative romane: Calenda avrebbe modo di aggiustare il tiro sul suo programma elettorale, ottenere consensi nel caso dovesse svolgere un buon lavoro, ereditare poi (magari proprio insieme a Sala) l’eredità di un PD in declino.