Maggio 2020, la Milano Digital Week esordiva in un’edizione interamente online. Erano le settimane immediatamente successive alla fine del primo – e più duro – lockdown nazionale. Ogni giorno il cittadino veniva assalito da dati sulla saturazione delle terapie intensive, sui nuovi positivi, sui guariti e i deceduti, e si iniziava a discutere dell’app Immuni. Oggi, a quasi un anno di distanza, la situazione, soprattutto a Milano, non pare essere cambiata più di molto. Di nuovo in zona rossa, ogni giorno un bollettino di guariti, positivi e deceduti, analisi dei dati e delle future ondate. E di nuovo la Milano Digital Week interamente online. Ma qualcosa è sicuramente cambiato: la prospettiva da cui si guarda al futuro. In un mondo sempre più informatizzato, dove i dati giocano una parte sempre più centrale, e che ha ricevuto dal periodo della pandemia una forte spinta verso il digitale, la riflessione si è fatta più cosciente. Se nell’edizione dell’anno scorso, le conseguenze della pandemia erano troppo a ridosso per averne una visione netta, quest’anno la Milano Digital Week si è proposta una sfida ambiziosa: combinare quella transizione digitale, di cui sa sempre farsi interprete, con la sostenibilità ambientale, l’urbanistica, l’inclusione e più in generale con il vivere cittadino. Non a caso il tema di quest’anno è proprio la “Città equa e sostenibile” e l’obiettivo, quello di suggerire le linee di sviluppo delle città del futuro, punta a un rilancio cosciente del vivere urbano come luogo privilegiato dell’uomo, come dimensione umana imprescindibile. E proprio di questo si è parlato il 17 marzo durante l’evento d’apertura, “Opening – Data language | Il linguaggio dei dati. Dialoghi, storie e persone dietro ai dati”. Diversi gli ospiti, tra i quali Vittorio Colao, neo-Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e Roberta Cocco, Assessore alla Trasformazione digitale e Servizi civici del Comune di Milano. Due i punti all’ordine del giorno: cogliere la particolarità del vivere cittadino nella transizione digitale e sostenibile e “umanizzare i dati”, ormai parte integrante della nostra vita, ma muti e incomprensibili se non ben interpretati e analizzati. 

Milano come città-laboratorio per il futuro

In quest’ottica, subito nel primo intervento della serata, Giuseppe Sala esordisce soffermandosi sulla necessità di trovare «un intreccio virtuoso tra digitalizzazione e transizione ecologica», chiave di volta per interpretare al meglio il futuro e cogliere i trend secolari di sviluppo. In questo contesto, a detta del Sindaco, le città giocheranno un ruolo centrale. Le ragioni sono diverse: sono luoghi di snodo e di comunicazioni; si radicano nel rapporto tra una progettualità pubblica e la spinta dell’iniziativa privata e delle imprese; sono il terreno fertile per i grandi cambiamenti, da quelli culturali fino a quelli lavorativi ed economici. Sono, dunque, dei laboratori a cielo aperto, delle città-laboratorio. Ciò che viene sperimentato a livello cittadino è facilmente esportabile e permette un reale cambiamento a larga scala. Perciò se in questo periodo la città sembra vivere un momento di stallo, proprio a causa della pandemia, che ha spinto anche molti a rifugiarsi al di fuori delle aree urbane, Sala rimane positivo. Nel breve periodo, le città soffriranno più di altre aree, ma poi sapranno riprendere la strada di un miglioramento che le riporterà ad essere il centro del vivere umano. A questo contribuiranno senz’ombra di dubbio i miliardi del Next Generation Eu, i quali si caleranno con importanti effetti nei contesti locali, in grande maggioranza rappresentati dalle città, dando il là a quella che potrebbe essere una ripresa generale. «Le città sono centri di condivisione di risorse, ma la prima risorsa di una città siamo noi, sono i suoi cittadini, gli esseri umani», aggiunge Sala poco dopo. Questo perché è la cittadinanza, sono gli abitanti di una città a fare la differenza. L’istinto umano di stare vicini, di creare comunità sarà la chiave per il rilancio del vivere cittadino e urbano. «Noi siamo le prime risorse», conclude Giuseppe Sala. 

La digitalizzazione come fonte di innovazione

A sottolineare la centralità della transizione digitale interviene Vittorio Colao, Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale. «L’innovazione è linfa sociale, porta cambiamento», esordisce il neo-ministro. Milanese d’adozione, Colao sottolinea come l’innovazione digitale abbia una caratteristica unica, quella di «essere un grande equalizzatore di differenze, permette di chiudere gap territoriali, sociali, di competenze, individuali». E se durante i primi mesi della pandemia si è potuta intravedere una grande voglia per una maggiore digitalizzazione, Colao evidenzia anche come sia però necessario gestire questa grandissima «forza dal basso», così da chiudere quattro importanti gap: la banda larga e l’accesso a internet per tutti, dalle scuole agli ospedali; le infrastrutture, che devono essere più moderne, sicure e aperte; i servizi al cittadino per una maggiore personalizzazione, fluidità e sostenibilità ambientale; le competenze digitali per tutti. 

Milano città «data driven»: il Piano di trasformazione digitale

E proprio in questa direzione si è mosso il Comune di Milano che a partire dal 2016 ha lanciato il Piano di trasformazione digitale, come sottolinea Roberta Rocco, Assessore alla Trasformazione digitale e Servizi civici. Un piano che pone al centro le parole chiave dell’inclusione, della sostenibilità, dell’inter-operabilità e della trasparenza in modo da rendere il digitale non più il fine, ma lo strumento. E da qui cambiare anche il paradigma della smart city: la città non sarà mai pienamente smart e digitale, se questa non saprà offrire al cittadino le tecnologie e permettergli di essere uno «smart citizen» a sua volta. Ed è proprio la dimensione del digitale ad essere cresciuta enormemente in importanza durante la pandemia, dal tracciamento dei contagiati fino agli algoritmi che elaborano la saturazione delle terapie intensive a livello regionale, tanto da far parlare del digitale come leva e mezzo per arginare la pandemia. Nella stessa direzione si collocano poi le sfide per il futuro, in particolare quella di rendere Milano interamente «data driven» e così sfruttare l’enorme potenziale dei dati per sostenere lo sviluppo della città, dei suoi servizi, di venire incontro a bisogni e necessità oggettive. 

Una città-laboratorio, per tornare alle parole del sindaco, dove alcuni esperimenti sono già stati messi in campo e testati. Basti pensare alle app che raccolgono i dettagli dei servizi di prossimità, dagli orari delle farmacie alla disponibilità di mascherine fino alle code davanti agli alimentari, utilissime durante il primo lockdown, ma anche i servizi anagrafici disponibili online e Pagopa. Milano sembra saper intercettare al meglio questa esigenza di sviluppo, unendo la necessità della digitalizzazione con quelle della equità e della sostenibilità, e i primi passi sono già stati compiuti. Ma le vere sfide sono ancora da vincere.