Il futuro post pandemico nasconde sfide e insidie che, se da un lato lo rendono temibile e incerto, dall’altro presentano opportunità come difficilmente è capitato nella storia. La conoscenza, le capacità e le tecnologie di cui disponiamo oggigiorno ci caricano della responsabilità di costruire il miglior futuro che siamo in grado di immaginare. Ma non sono variabili che agiscono in modo neutrale.
Per garantire – anche in una città come Milano – una crescita equa, sostenibile, e che non risponda solo alle logiche del profitto è necessario che le strategie di sviluppo per il futuro siano poste sotto una governance pubblica e condivisa, a cominciare dalle dinamiche connesse alla digitalizzazione, che invece proprio in questo ultimo anno sembra rispondere sempre più a interessi del tutto privati. E’ la posizione espressa da Cinzia Maiolini, responsabile ufficio “Lavoro 4.0” della Cgil nazionale nel corso del dibattito “The City of the Future: Visions, Projects and Utopias” che si è svolto durante la Milano Digital Week.
Milano in questo momento presenta numerose caratteristiche che la portano al centro del dibattito. Città metropolitana che segue le tendenze europee e mondiali, campionessa della digitalizzazione, con dei piani ecologici e sostenibili alla base dei propri piani per il futuro. È certamente però in difficoltà: duramente colpita dalla pandemia e dalle sue conseguenze più cupe, la disoccupazione crescente, da un lato e un mercato del lavoro polarizzato. “E ora colpito anche dalla piaga del lavoro da remoto. Sì, perché il lavoro da remoto come appare in questo momento – sottolinea Maiolini – non è ‘smartworking’, ma telelavoro domiciliarizzato. Ovvero telelavoro non regolato, disorganizzato e dalle conseguenze pericolose per la salute dei lavoratori e per la produttività”.
La città a 15 minuti e le officine del lavoro
Palazzo Marino però ha un già indicato un piano. L’assessora alle Politiche del Lavoro Cristina Tajani – intervenendo nel dibattito – ha sottolinea come la città si stia muovendo in linea con la strada intrapresa anche dalla sue sorelle globali, di modo da intercettarne le tendenze e non affrontare da sola le sfide del futuro. Uno degli snodi di questa strada è l’idea della costruzione della “Milano a 15 minuti”. Idea – sviluppata anche nei piani postpandemici di Parigi – che punta a eliminare la tradizionale divisione fra centro e periferia, avvicinando servizi e lavoro alle case dei cittadini, con l’obiettivo di costituire una città policentrica.
Collaborando alla proposta e integrandola con una pianificazione per la costruzione di uno smartworking che sia realmente smart, la Cgil ha proposta attraverso la Camera del Lavoro l’attivazione delle “Officine del Lavoro”, ovvero spazi pubblici di coworking e nearworking. Le Officine diventerebbero uno strumento fondamentale per la ricostruzione di un tessuto cittadino nuovo, più coeso e vicino al cittadino, che renda più sostenibile il lavoro per tutti.
L’idea di una “città a 15 minuti” trova sponda anche sul fronte imprenditoriale anche se con qualche riserva. Stefano Passerini , direttore del Settore Lavoro di Assolombarda nel suo intervento ha dato evidenza alle preoccupazioni per le imprese del centro. Duramente colpite dallo svuotamento della città – spiega – queste imprese sono esposte al rischio di perdere funzione e competitività con il venire meno dei flussi di persone che oggi si muovono verso il centro per lavorare e usufruire dei diversi servizi e attività.
La nuova normalità, la smartcity in una smartsociety
Ma la pandemia, esasperando improvvisamene e pericolosamente diseguaglianze e sofferenze sociali già presenti nel tessuto urbao, richiede scelte coraggiose in termini di ridistribuzione inclusiva e sostenibile degli spazi. Il ritorno alla normalità non vuol dire tornare a com’era prima, ma migliorare ciò che già prima non funzionava. Investire in programmi di educazione e formazione che rendano la tecnologia un potente alleato delle istituzioni e per tutti i cittadini; democratizzare le infrastrutture e le tecnologie; eliminare la barriera che divide le città fra centro e periferia, creando nuovi centri dove sono necessari. E più di tutto è necessario che le strategie per il futuro della città siano frutto di un concertamento e collaborazioni delle istituzioni e di tutte le parti sociali in gioco, unico metodo in grado di rendere questo momento un’opportunità per la ricostruzione di una smart city e di una smart society